Come la famosa palla di neve dei cartoni animati che rotola sul pendio della montagna e, progressivamente si trasforma in valanga, così la Vertenza Salute dimostra chiaramente, non solo di non volersi arrestare ma, anzi, di acquistare maggior forza con il passare dei mesi.
La manifestazione in piazza S.S. Apostoli, a Roma, del 28 novembre scorso, ha visto, per la prima volta dopo anni, riunirsi contemporaneamente le bandiere di tutte le sigle sindacali mediche con il coordinamento della FNOMCeO.
Il 16 dicembre abbiamo partecipato alla prima giornata di sciopero dei medici, veterinari e dirigenti sanitari, dipendenti e convenzionati, con risultati di adesione che, sempre considerando la difficoltà, per un medico, di astenersi dal servizio, ha raggiunto percentuali molto alte, fino al 70%.
Il 20 febbraio, a Napoli, si è svolta una manifestazione che ha nuovamente raccolto tutte le sigle sindacali della dirigenza medica e sanitaria e dove è stata riempita a dismisura (oltre 1000 partecipanti) la grande sala che era stata individuata dagli organizzatori per l’evento.
Se non arriveranno risposte convincenti dal Governo, il 17 e 18 marzo, si effettueranno altre 48 ore di sciopero. Seguiranno altre due manifestazioni come quella di Napoli, in altre due città, una del centro e una del nord Italia.
I medici, per tradizione, non sono mai stati propensi a scioperare a cuor leggero. Chiudere la porta in faccia a chi si rivolge a noi per una prestazione sanitaria ci ha sempre creato degli scrupoli. E’ vero che le prestazioni urgenti vengono comunque garantite, ma quelle non urgenti, in pratica non esistono. Diventa penoso rinviare, per sciopero, anche un semplice esame ambulatoriale, quando è stato prenotato mesi prima.
Pertanto se questa volta la protesta dei medici non si arresta, è perché c’è qualcosa di grave, e purtroppo senza precedenti, che colpisce la sanità italiana. Sentiamo parlare di revisioni della spesa, ottimizzazione delle risorse, di ristrutturazioni, riorganizzazioni, razionalizzazioni, tutte parole usate per mascherare tagli indiscriminati e lineari. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una progressiva diminuzione del personale medico e infermieristico, a riduzioni drammatiche dei posti letto, aumento dei ticket e delle liste d’attesa. L’edilizia sanitaria è bloccata. Le apparecchiature sono obsolete. Le statistiche ci dicono che è in continua crescita quella parte della popolazione (oltre il 10%) che non accede alle cure perché non se lo può permettere. Chi ha la possibilità di spendere, anche se a prezzo di sacrifici, si rivolge alle strutture private (aumento vertiginoso della spesa sanitaria “out of pocket”).
Il nostro S.S.N., con una spesa sanitaria pari al 6,5 % del Pil, di molto inferiore a quella di altri paesi occidentali a cui ci rapportiamo, che investono anche più dell’11% del Pil (il loro Pil), ci ha garantito una vita media superiore a quasi tutte le altre nazioni del mondo. Ancora nel 2014, il nostro modello di welfare, veniva collocato dall’agenzia specializzata americana Bloomberg, al terzo posto nel mondo in termini di efficienza.
Ora è tutto in fase di progressivo smantellamento. I colossali interessi di grandi gruppi privati sanitari, bancari e assicurativi, premono perché la sanità pubblica venga ridotta ai minimi termini. Nell’ambito del servizio sanitario pubblico si punterà a conservare solo i servizi per l’emergenza, pochi centri di eccellenza, che fungano da apripista nella sperimentazione di nuove tecnologie e procedure e alcuni ospedali di bassa qualità per gli indigenti. Anche la medicina convenzionata verrà sempre più ridimensionata.
Al di fuori di queste situazioni, i cittadini, direttamente di tasca propria o indirettamente se dispongono di un’assicurazione privata, dovranno provvedere a pagarsi le cure. Con buona pace delle tasse che lo Stato ci continua a imporre per una sanità che non ci fornisce servizi.
Ebbene, non possiamo consentire tutto ciò.
E’ giunto il momento che noi medici facciamo sentire la nostra voce sempre più forte in difesa della Sanità. Dobbiamo diventare un problema per il Governo, che, alla fine, dovrà ascoltarci. Non possiamo essere spettatori inerti di fronte alla distruzione programmata di tutto ciò in cui abbiamo creduto e a cui abbiamo dedicato e dedichiamo la maggior parte della nostra vita. Il diritto alla salute è riconosciuto dalla costituzione Italiana. Un sistema sanitario sostenibile riflette il grado di civiltà di un paese.
Se non siamo noi medici a ergerci a difesa del Sistema Sanitario Nazionale, chi lo farà per noi? E chi, più di noi, dovrebbe sentirsi responsabilizzato a farlo?
Articolo in pubblicazione sul “Bollettino informativo dell’Ordine dei Medici di Vercelli” – Scienza & Coscienza.