Serve un medico di notte. A chi mi rivolgo?

da | Apr 20, 2016 | Primo Piano

di Mario Vitale

L’accordo del 13 aprile scorso, integrativo dell’atto di indirizzo per la medicina convenzionata deliberato il 12-2-2014, ripropone un’annosa questione. Perché i medici convenzionati ottengono con relativa facilità quello che noi dipendenti dobbiamo conquistare con le unghie e coi denti, spesso senza nemmeno riuscirci?

Il documento che, fra l’altro, definisce le linee di indirizzo della nascita delle nuove AFT E UCCP, doveva costituire, a quanto si è sempre detto, un concentrato di lacrime e sangue per i MMG che, avrebbero dovuto, d’ora in poi, fornire un servizio più adeguato ai tempi, alternandosi in turni di lavoro, in modo da coprire un orario h24 che desse respiro ai pronti soccorsi congestionati e che permettesse ai pazienti di poter usufruire di una maggior elasticità degli orari di apertura degli studi medici. Questo è quello che si diceva.

Ora invece si scopre che il servizio h24 diventa un h16 nei giorni feriali e un h12 diurno il sabato e la domenica. Di notte, tra le 24 e le 8 (feriali) e fra le 20 e le 8 (festivi), a farsi carico delle richieste di cure, rimarranno solo i pronti soccorsi e i 118.

La guardia medica non esiste più. Esisteranno i medici di cure primarie “di scelta”, quelli di livello superiore, attuali medici di famiglia, e i peones, “a orario”, (gli ex medici del servizio di continuità assistenziale – guardia medica). L’accordo recita: “I medici di cure primarie a rapporto orario, nell’ambito dell’organizzazione distrettuale assicurano prioritariamente la loro attività tutti i giorni dalle ore 20,00 alle ore 24,00 e nei giorni di sabato e festivi dalle ore 8,00 alle ore 20,00 al fine di realizzare pienamente la continuità assistenziale in favore di tutta la popolazione e per garantire ai cittadini un riferimento preciso cui rivolgersi quando lo studio del proprio medico è chiuso. Nella successiva fascia oraria l’assistenza è assicurata dal servizio di emergenza urgenza-118”.

Quindi i medici di famiglia continueranno a fare il loro lavoro in orari tranquilli, i medici ex guardia medica, gli copriranno “a orario” le ore serali e festive e i medici del 118 e dei pronti soccorsi si faranno carico delle ore notturne, costretti a occuparsi anche di patologie banali che potrebbero essere risolte a domicilio. Ma non si diceva anche, durante le cicliche campagne di stampa sui pronti soccorsi al collasso, che i medici della guardia medica avrebbero potuto essere reclutati, a domanda, come ausilio ai medici dei Dea? E il problema dell’appropriatezza degli accessi in Dea, di notte non si pone più?

La cosa, per così dire, originale è che il surplus di lavoro per ospedalieri e medici del 118 l’hanno in pratica deciso gli altri. E’ come se un impiegato facesse un accordo col proprio capo ufficio per spostare una parte delle pratiche che gli spetterebbe evadere, sulla scrivania del collega che gli sta vicino, senza interpellarlo.

In conclusione se la medicina convenzionata si chiama fuori dal lavoro notturno, bisognerebbe che, per equità, qualcuno prevedesse una serie di assunzioni extra di medici per i Dea e per il 118, per compensare le prestazioni dovute in aggiunta.

E torniamo alla domanda di partenza. Perché i medici convenzionati hanno un potere contrattuale enormemente maggiore di noi dipendenti?

Qualcuno dice che il rapporto capillare con la popolazione e la capacità di persuasione dei pazienti che ne deriva, è vista con interesse dal mondo politico che, al momento giusto si dimostra più generoso. Forse.

E’ indubbio però che la vera forza dei nostri colleghi delle cure primarie consiste nella loro compattezza e corrisponde, specularmente, alla debolezza dei medici dipendenti che si frammentano in una miriade di sigle sindacali che, al di là del legittimo diritto a esistere, indeboliscono molto la loro forza contrattuale. E’ sufficiente vedere quali siano sempre state le percentuali di adesione a uno sciopero dei MMG e quanto più basse siano quelle dei medici dipendenti. E se c’è una cosa di cui va riconosciuto il merito all’Anaao, è proprio di essersi sempre adoperata nella ricerca della massima unità sindacale possibile.

A proposito della difficoltà di unire le opinioni di tante sigle sindacali, qualcuno ha detto una bella frase: “L’unità non ha prezzo, ma ha un costo”. Resta da vedere quanto questo costo sia alto e se saremo sempre disposti a pagarlo per ricercare una comune strategia sindacale che, in ogni caso, rischia di produrre modesti risultati, figli di continui compromessi.

Per chi non se ne fosse accorto, il periodo delle vacche grasse in cui si concedeva tutto a tutti, è finito da un pezzo.

Una maggiore unità sindacale dei dirigenti medici e sanitari è ormai la strada obbligata per il futuro, se vorremo contare qualcosa nei progetti dei nostri governanti e amministratori.

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