I bilanci “farlocchi” delle aziende sanitarie piemontesi. Le gravi irregolarità contabili cadono nel silenzio agostano

da | Set 2, 2012 | Primo Piano

Il modo migliore per nascondere la verità é inondare l’opinione pubblica di notizie distorte, dichiarazioni contradditorie, dove gli elementi fattuali scompaiono di fronte alle roboanti dichiarazioni che riempiono i giornali e le agenzie di stampa. Lo sperimentiamo tutti i giorni e spessissimo durante le campagne elettorali. Ricordate quella che contrapponeva Bresso e Cota 3 anni fa sul bilancio delle aziende sanitarie? Ognuno sparava la sua capovolgendo a piacimento grafici e tabelle ed era incredibile constatare l’assoluta irrilevanza dei fatti che veniva soverchiata solo dallo scandire delle conferenze stampa, dai toni, piú che dai dati, quelli veri. In questa gara tra chi la sparava (e la spara) piú grossa, giganteggia per la sua adeguatezza una frase che si ritrova su un libro di Eric Ambler (una sporca storia) che ho ritrovato questa estate in uno scritto del compianto Giuseppe D’Avanzo. In questo libro c’e’ un personaggio che ricorda uno degli insegnamenti ricevuti dal padre quando era un bambino :“mai dire una bugia se puoi cavartela a forza di stronzate” Quello che invece troverete sinteticamente riassunto qui é semplicemente la analisi di un colossale abisso contabile nei bilanci delle aziende sanitarie ( e del bilancio regionale ), che la Corte dei Conti territoriale ha evidenziato nella delibera n. 283/2012/SRCPIE/PRSS del 18 luglio 2012. La delibera non mi é stata data sottobanco, é pubblica, é scaricabile da internet dal sito della Corte dei Conti ma é stata totalmente ignorata dai politici, dai loro portaborse, dai giornali malgrado documenti una situazione di GRAVI IRREGOLARITÀ, NONCHÉ DISFUNZIONI DEL SISTEMA E CRITICITÀ GESTIONALI. Il maiuscolo é esattamente quanto riportato a pag. 2 del dispositivo della delibera a cui segue la relazione sui “bilanci dell’esercizio 2009 delle aziende sanitarie del Piemonte, ai sensi dell’art. 1, comma 170, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.”

RITARDI NELLA ADOZIONE DEI BILANCI
Verrebbe subito da obiettare che la Corte dei Conti se l’é presa comoda, dato che stiamo parlando dei bilanci di quasi 3 anni fa e che nel frattempo l’equilibrio dei conti potrebbe essere precipitato. Un controllo decisamente fuori tempo massimo e assai poco utile ai fini di pronti correttivi delle criticità gestionali. Ma la colpa non é certamente dei magistrati contabili. La legge finanziaria del 2006 (sopra citata) ha previsto l’obbligo di trasmissione alla sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, da parte dei collegi sindacali dei predetti enti, di una relazione sul bilancio di esercizio. Questo adempimento, dovuto evidentemente al fatto che lo Stato, impotente e incapace, non sa piú come porre un freno alla spesa pubblica, obbliga i revisori dei conti delle aziende sanitarie a inviare immediatamente tale relazione dopo l’adozione del bilancio di esercizio da parte del Direttore Generale. Viene ricordato che il ritardo o l’omissione da parte dei collegi sindacali ostacola il controllo delle sezioni, con conseguenti responsabilità dell’organo inadempiente. Nel caso , dopo l’esame delle relazioni, si evidenzino gravi irregolarità la Corte dei Conti trasmette alla Regione interessata una segnalazione per l’approntamento delle misure correttive. Ma allora perché la Corte dei Conti non ha potuto esaminare i bilanci 2009 in un tempo ragionevole? Perché il male italico fondamentale diffusissimo nelle amministrazioni pubbliche é sempre lo stesso: ci sono le leggi ma chissenefrega. É cosí per giustificare la violazione delle norme inizia lo scaricabarile ovvero il caravanserraglio delle stronzate in cui regione, direttori generali, collegi sindacali sguazzano giustificandosi l’un l’altro perché alla fine cane non mangia cane e tra stipendi, convenienze politiche e gettoni non vale la pena di essere troppo rigorosi. A pagina 11 la relazione ricorda come la legge 502/92 imponga che il termine per l’adozione del bilancio da parte del Direttore Generale é fissato al 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento. Stesso termine é previsto dalla legge regionale 18 gennaio 1995 n. 8 (pag. 11). Il bilancio 2009 é stato invece adottato da tutte le aziende sanitarie regionali con oltre un anno di ritardo rispetto al termine prescritto. La Corte rileva peraltro che anche i controlli sui bilanci 2008 erano stati effettuati il 17 dicembre 2010 per lo stesso motivo. Le conseguenze di tali ritardi sono facilmente immaginabili (pag. 11). La tabella 1 a pag. 12 evidenzia impietosamente le gravi inadempienze sulla adozione dei bilanci con ritardi che vanno da 388 giorni (cto) a 591 giorni (Mauriziano). La sistematica violazione della legge é garantita dalla stessa Regione la quale ha emanato le indicazioni per l’adozione del bilancio il 15 aprile 2011. Quindi, la giunta Bresso se ne é ampiamente infischiata e la giunta Cota se le é presa bella comoda. Solo i collegi di cinque aziende hanno dichiarato di aver sollecitato piú volte l’azienda di adottare il bilancio (alessandria, to3, to4, oirm sant’anna e mauriziano) mentre due collegi sindacali (che andrebbero solo per questo sollevati dall’incarico per la loro incompetenza e ignoranza) hanno addirittura affermato che che non vi era uno specifico termine per l’adozione del bilancio 2009. Altri collegi si sono barcamenati nell’addurre scuse puerili (pag. 12, nota 10) e inspiegabilmente hanno anteposto altre incombenze invece che risolvere tale questione anche dopo la emanazione della circolare suddetta. Infatti, anche dopo la circolare regionale di aprile 2011, le aziende se la sono presa comoda (tabella 2 pag. 13) accumulando ritardi vergognosi che arrivano a 229 giorni per il mauriziano , 231 per Asti, 198 per la To3 (guarda caso proprio alcune di quelle che hanno dichiarato di aver sollecitato le direzioni ad adottare il bilancio stesso……excusatio non petita…) La Corte dei conti rileva che tali ritardi sono assolutamente da stigmatizzare, pongono seri dubbi sulla efficacia della programmazione sanitaria, impediscono una valutazione adeguata e tempestiva dei Direttori , procrastinando gestioni inefficienti senza mettere in atto adeguate sanzioni. Quindi, in definitiva, gli stessi obiettivi dati ai Direttori erano praticamente fittizi dato che indicare finalità di contenimento della spesa quando non si conosce neppure la situazione economico-finanziaria aggiornata ha semplicemente del ridicolo. A pag. 14 si ritrova una delle affermazioni piú dure di tutta la relazione.La Corte infatti afferma che tali ritardi incidono negativamente “sul circuito di programmazione e controllo posto a base del piano di rientro sottoscritto dalla Regione Piemonte in data 29 luglio 2010” aggiungendo che i dati trasmessi apparivano ancora parziali come si desume dai verbali delle riunioni tra Regione e MEF dell’11 aprile 2011 e del 28 marzo 2012 con “documentazione insufficiente, mancanza di visione complessiva degli interventi in corso, mancanza della tempistica pattuita e una continua riformulazione dei programmi che rende difficile il monitoraggio.” E pare ovvio che la Corte dei Conti faccia rilevare la pessima figura che la nostra Regione ha fatto di fronte ai tecnici del Ministero. Una approssimazione sulla programmazione che non é solo figlia di tante indecisioni politiche ma figlia di una totale assenza di conoscenza della situazione contabile delle aziende sanitarie. O forse una conoscenza fin troppo chiara da richiedere una necessaria opacità. La conclusione di questi durissimi rilievi viene chiosata in questo capitolo affermando che tali ritardi configurano l’addebito di grave irregolarità suscettibile di arrecare pregiudizio alla gestione delle aziende e paragonandoci alla non certo eccelsa situazione già evidenziata dalla Corte dei Conti di Molise e Calabria.

PESSIMI RISULTATI DI ESERCIZIO
A pag. 15 la lapidaria affermazione dei magistrati contabili: “….si evidenzia come, nel sistema piemontese, tutte le aziende sanitarie registrino un risultato economico negativo, tanto a preventivo, quanto a consuntivo”. La Corte elenca una serie di norme che avrebbero dovuto evitare questa situazione (anche qui tutte disattese). Il risultato del 2009 é peggiore del 2008. Nel senso che praticamente raddoppia il rosso. Si passa da una perdita globale di quasi 72 milioni di euro sui bilanci 2008 a 122 milioni di euro circa nel 2009. In realtà ci avviciniamo a 125 milioni e oltre dato che sono state successivamente effettuate delle rettifiche. La tabella 2 di pagina 16 dà contezza del disastro. La Corte dei Conti afferma che le perdite di esercizio non sono state autorizzate dalla Regione. Anzi, le aziende tendono a considerare la copertura anticipata dei disavanzi come una implicita autorizzazione alla perdita. Imbarazzante, per non usare una espressione piú pesante é la litania di giustificazioni addotte dai collegi sindacali in merito alla coperture delle perdite ed alla loro attendibilità. Vi sono anche tre collegi sindacali, che evidentemente si ritengono superiori alla legge, alla Corte dei Conti e all’onnipotente, che non hanno neppure ritenuto di dover allegare una relazione sulle cause della perdita o dare spiegazioni in merito alle modalità di copertura della perdita (asl VCO, ASO san luigi e ASO Cuneo, To5, Novara, Aso san Giovanni, Aso Mauriziano). Il fatto piú incredibile é che i contributi regionali non sono destinati a coprire le perdite economiche complessive ma solo quelle monetarie. Malgrado ció i trasferimenti regionali non sono stati in grado, per quasi tutte le aziende, di coprire il pareggio finanziario il che produce inevitabilmente una continua ed inarrestabile erosione del patrimonio netto (pag. 18). Come a dire che che le aziende sono attaccate ad una canna del gas dalla quale continuano a inalare il venefico contenuto. Infatti ció che incide maggiormente su questo grave effetto sono debiti pregressi (2001-2010) sui quali la Regione ha fornito spiegazioni assai poco convincenti e che avvalorano perplessità piú che fondate. L’atteggiamento delle aziende sanitarie regionali secondo la Corte dei Conti é quello di gestire la spesa non correlandola alle risorse esistenti ma affidandosi alla speranza di successivi ripiani regionali e statali tipica di una mentalità a pié di lista e quanto di piú lontano da una gestione “aziendalistica”. Fatto ancora piú grave se si considera che la Regione Piemonte é sottoposta a Piano di rientro. In questa ottica di colpevole deresponsabilizzazione il migliore risultato della gestione ordinaria non é dovuto ad una riduzione dei costi ma ad un incremento del valore della produzione. In altre parole i maggiori trasferimenti regionali (i contributi in conto esercizio) inquinano la corretta dinamica dei bilanci di previsione disattendendo norme che la stessa Regione si era data con la legge 18 gennaio 1995. La previsione annuale di costi e ricavi di gestione in pareggio é stata disattesa, come la norma di adottare un bilancio di previsione in pareggio entro il 31 ottobre di ogni anno. La conclusione del capitolo di pag. 20 é una sassata: deresponsabilizzazione, scarsità di controlli, inadeguata programmazione sanitaria. Da rilevare due aspetti di inadeguatezza gestionale: sulla appropriatezza prescrittiva dei farmaci a parole tutte le aziende dichiarano (eccetto sant’anna e aso cuneo) di aver adottato misure specifiche; in pratica trattasi solo di intenti senza alcun risultato tangibile come dimostrano i dati. Poi, sulla attività intramoenia si evidenzia la assenza di una contabilità separata in alcune aziende (ed é una violazione grave). Suscita invece ilarità ed é spia delle incapacità contabili dei nostri amministratori quello che la Corte rileva sulla mobilità intraregionale ovvero sulla valorizzazione delle prestazioni relative a pazienti che usufruiscono di prestazioni in aziende diverse da quelle dove risiedono. Tale saldo dovrebbe essere pari a zero come anche uno studente di media inferiore capirebbe: se tizio va alle molinette e risiede a rivoli, rivoli paga 2.000 euro a molinette (-2.000 per rivoli) e molinette incassa 2.000). Il saldo é zero. Ed é sempre zero anche se i pazienti che si spostano fossero migliaia (il bello della matematica é la sua generalizzabilità). Invece in Regione, nelle aziende e nelle stanze del CSI, questa regola é stravolta. Il saldo della mobilità intraregionale ammonta a 21 milioni di euro nel 2008 e addirittura a 31 milioni di euro nel 2009. Significativo il commento della Corte: “questo pone dubbi sulla attendibilità dei bilanci”. Eccome se ne pone….forse in Regione pensano che la partita doppia sia un match di tennis?

SITUAZIONE DEBITORIA DELLE AZIENDE
Ma il dato piú drammatico di tutta la relazione é quella del capitolo 8 a pag. 40 ovvero l’analisi della situazione creditoria delle aziende. In sintesi, malgrado vi siano molte tabelle approfondite che meritano di essere visionate, le aziende vantano verso la Regione crediti ammontanti a 2.859 milioni di euro. Quasi 3 miliardi di euro che le aziende continuano a mettere a bilancio e che la Regione praticamente ignora, dato che , come già ricordato, la Regione ha scelto di non coprire le perdite economiche delle aziende. Questo sistema porta ad una situazione paradossale che apre le porte ad un default catastrofico: ovvero l’accumularsi di perdite risalenti a molti anni addietro che depauperano il patrimonio delle aziende e che non hanno alcuna speranza di essere sanate. Impressionante é la tabella 18 di pag. 45. I quasi 3 miliardi di tali crediti sono distinti, azienda per azienda, a seconda degli anni di provenienza. Oltre 500 milioni di euro sono riferiti a periodi temporali risalenti a 10 anni prima e oltre. Tale squilibrio finanziario determina conseguenze nefaste sulla liquidità delle aziende ed il ricorso a finanziamenti che di fatto assorbono risorse che potrebbero essere destinate alla assistenza sanitaria. Altra conseguenza é che le aziende si rivalgono sui fornitori ritardando i pagamenti (vedi pag. 48 – tabella 19). Ció porta a interessi di mora (oltre a gravi difficoltà economiche per i fornitori) e rischia di aggravare ulteriormente la sostenibilità finanziaria delle aziende (su questa conclusione vedasi le pesanti considerazioni dei revisori di Alessandria – nota 57 pag. 48). Pertanto le aziende tendono ad utilizzare l’indebitamento verso i fornitori come una impropria forma di finanziamento. Altra spia della compromessa capacità delle aziende di far fronte alle proprie obbligazioni é il ricorso delle anticipazioni di tesoreria. L’azienda non ha i soldi per pagare gli stipendi o per pagare i fornitori e fa ricorso alle banche che anticipano il contante. La banca ovviamente chiede interessi su tali anticipazioni e cosí altri soldi vengono sottratti alla assistenza sanitaria. Cosí volano via altri 30 milioni di euro (interessi passivi) per anticipazioni di cassa che arrivano nel 2009 a un miliardo e 300 mila euro! (tabella 20 pag. 50). A pagina 51-52 viene invece descritto il metodo seguito dalla Regione (giunta Bresso) per “taroccare” il bilancio regionale e contestualmente ridurre impegni di spesa a carico delle aziende sanitarie che non fossero scadute al 31 dicembre 2009. Sembra incredibile ma é cosí. Trattasi di una operazione “creativa” che ha portato alla “cancellazione” dal bilancio regionale di un impegno di 509 milioni di euro anticipato da Unicredit (questione sollevata ancora dalla Corte dei Conti recentemente dopo l’analisi sul bilancio regionale) causato da un “ritardo” in trasferimenti di cassa attesi dallo Stato relativi (udite udite) a finanziamenti della spesa sanitaria per gli anni 2001 e 2004 (!) stabiliti con 2 Decreti ministeriali del 2006 e del 2007. Praticamente ecco cosa sarebbe successo. La Regione é a corto di liquidità e chiede un bel pó di milioni (509) da Unicredit. Tanto i soldi prima o poi arriveranno…Riduce pertanto gli impegni di spesa delle aziende (arriva un pó di ossigeno potete respirare) e attende fiduciosa i soldi che lo Stato da 4 anni aveva promesso. Peccato che la cifra non viene iscritta nel bilancio regionale nel 2010 pur dovendo, a fronte di tale anticipazione, pagarne gli interessi e creando di fatto un “debito sommerso” non piú evidenziato. Trattasi, molto semplicemente, di un FALSO. Esiste pertanto nel bilancio farlocco della Regione un debito occulto e consolidato (i soldi da Roma non sono arrivati) per il quale si stanno pagando interessi con rischio di esposizione ad eventuali penali per la mancata restituzione del capitale prestato (difficile credere che Unicredit mantenga tale esposizione indefinitivamente). La Corte considera inoltre “singolari” le riduzioni imposte alle aziende sanitarie sugli impegni di spesa. Evidentemente il maquillage dei bilanci aziendali era un corollario della spericolata operazione di cui sopra. Traduciamo per i meno esperti: ho una ventina di aziende piene di debiti sparse sul territorio che vendono carbonella da barbecue e pellet per le stufe. La sede principale per il Piemonte (la ditta si chiama “fumo negli occhi”) attende dalla capofila con sede a Roma 500 milioni promessi a suo tempo per modernizzare gli impianti di produzione. La capofila peró tarda a erogare quanto promesso e allora la sezione piemontese decide di andare con il cappello in mano dalle banche garantendo che il prestito (oneroso) é a breve in quanto é prossima la tranche proveniente da Roma. La banca, fidandosi, sgancia. Nessun rischio, i soldi arriveranno e Unicredit si fa dei bei soldi con gli interessi. La sede regionale della ditta fa sparire dai bilanci delle controllate un bel pó di debiti e nel bilancio consolidato regionale non imputa l’onere verso le banche. In altre parole alcuni debiti delle aziende si “volatilizzano” e il debito verso la banca non c’e’ piú. Sulla carta perlomeno. Se uno studente in economia avesse costruito un bilancio cosi lo avrebbero segato all’esame, mentre, in epoche in cui il falso in bilancio esisteva ancora, l’autore di questa pensata sarebbe stato forse arrestato. Il capitolo delle perdite non coperte e l’assenza di un fondo rischi e oneri sono altri capitoli dolorosi della gestione delle aziende. La Corte rileva l’assenza di criteri prudenziali nella redazione del bilancio (pag 58) ovvero la violazione dell’art. 2423 bis del codice civile. Ribadisce che i nuovi dettati legislativi (in particolare il dl 23 giugno 2011, n. 118) impongono un ruolo alle Regioni e ai collegi sindacali che é stato evidentemente disatteso. Le conclusioni della Corte dei Conti (da pag. 59 a pag. 64) schianterebbero qualsiasi amministratore delegato costringendolo alle dimissioni. Nessuna azienda seria, quotata o meno in borsa, potrebbe passare indenne da una disamina cosí impietosa. A dire la verità nessuna azienda potrebbe continuare a reperire capitali ed a essere credibile se producesse un bilancio consuntivo 2 anni dopo la scadenza. Se poi l’azienda paga in ritardo i fornitori, chiede continuamente prestiti alla banca, ha il bilancio sempre in perdita, ha crediti risalenti al giurassico (forse neanche piú esigibili), ha le casse vuote e infine, tarocca anche i bilanci, credo che la definizione migliore potrebbe essere quella di una azienda decotta, da liquidare, da commissariare. L’elenco delle gravi irregolarità che si trovano in allegato non riguarda una ma tutte le aziende del nostro sistema sanitario. Leggere per credere. Ad oggi, per la cronaca non si ha notizia del bilancio delle aziende degli anni 2010, 2011 e 2012…….. Ovviamente é facile controbattere:

  • abbiamo ereditato una situazione di dissesto
  • é colpa di Ghigo
  • é colpa di Bresso
  • é colpa di chi li ha votati (questo é vero)
  • noi abbiamo risanato
  • noi stiamo risanando
  • é colpa della congiuntura Ecc.
    In fondo la ditta “fumo negli occhi” é sempre in piena attività….ricordatevi l’insegnamento del libro di Eric Ambler…….

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